mercoledì 26 ottobre 2016

Il gol di Paredes - metafora delle reazioni davanti a un rischio

Ci sono situazioni, all'interno di una partita, momenti, fotogrammi di distaccata verità, che sanno rappresentare poeticamente le difficoltà dell'esistenza.
Il goal di Paredes in Roma-Palermo del 23 ottobre 2016 è uno di questi.
È un goal che arriva su punizione, imprevisto, da una posizione non pericolosa. La parabola che si disegna è a spiovere, indecisa se essere un tiro diretto oppure un cross nell'area piccola, e va a precipitare a poco più di un metro e mezzo dal portiere, a meta strada tra l'estremo difensore e gli attaccanti avversari. È un gesto infido, velenoso, dentro al quale tutto può accadere o smarrirsi velocemente. È un goal che ha la geometria esatta delle fatalità occasionali.
La cronaca è nota: il portiere si getterà nel tentativo di fermare il pallone in fase discendente; questo però troverà una picchiata e un rimbalzo così esatti da toccare il suolo e scavalcare il giocatore coi guantoni durante la fase di uscita. La vita sta tutta lì: se il portiere avesse atteso la sfera di gioco fermo tra i pali sarebbe riuscito a bloccarla con facilità. Teoricamente. A condizione cioè che nessuno degli avversari avesse tentato un inserimento, trovando la marcatura con un tap-in fin troppo naturale. Un rischio quest'ultimo troppo alto. Il portiere non aveva altra scelta che buttarsi. Cerca un tuffo di un metro e mezzo sperando di raggiungere il pallone nel preciso momento dell'impatto con il manto erboso. Una geometria e una tempistica dall'esattezza scientifica.
Il portiere tutto questo lo capisce prima che accada, mentre il pittore del quadro sta giusto pennellando la sua delicata sfumatura parabolica. E tutti noi per un istante gli puntiamo il dito contro, quasi fosse un allocco, per la riuscita apparentemente ridicola di questa rete, per il modo assurdo e derisorio con cui il pallone lo anticipa e gli passa sopra le spalle, sopra le braccia irrimediabilmente tese alla ricerca di una perfezione non raggiunta per un pelo. Ma sbagliamo tutti. Perché quel portiere ha capito, immediatamente, cosa stava per capitare. E ha fatto una scelta, una scelta coraggiosa: tra il restare fermo in attesa del pericolo sperando che per una fortunosa catena di coincidenze esso non si verificasse e il correre un rischio, anticipando il pericolo, sfidandolo a viso aperto gettandoglisi incontro. È un equilibrio sottile, quello in cui si svolge la guerra tra i titani e gli dei, dall'esito ogni volta impronosticabile. Tifare per gli uni o per gli altri è solo una questione di gusto, di contingenze, talvolta di provenienze. Ma è dentro queste storie nelle storie, è dentro questi attimi di verità vissute appena, accarezzate, che sta l'epicentro più autentico dei confronti, l'epicità della competizioni e dell'attesa che le precede.
È per storie opache, da indagare e da scoprire come questa, che lo sport, che questo sport, acquista ragioni intense come nella vita. Perché dentro a istanti del genere è contenuta spesso la storia di una vita.


http://youtu.be/eZufuabkHw4