giovedì 22 gennaio 2015

Quattro chiacchiere con Hemingway - racconto breve

Ok, so già perfettamente che saranno al massimo due i coraggiosi che arriveranno fino in fondo a questa lettura... Credo ne valga la pena, a ogni modo. Sicuramente a me è servito tantissimo averla scritta, questa roba. E, per quanto sia ovviamente un po' un centone, avendo io acquisito da un poco di tempo la desolante abitudine di domandarmi "come l'avrebbe scritto Hemingway" quando ho dei dubbi grossi, mi sembra pure comprensibile che mi sia arrogato il diritto di chiacchierarci qualche ora, con il vecchio Papa Ernest. Subendo i suoi improperi di rito...


- QUATTRO CHIACCHIERE CON HEMINGWAY -

"... Perché un uomo può essere distrutto, ma non sconfitto" 


lunedì 5 gennaio 2015

La scomparsa di Pino Daniele per un Napoletano all'Estero


E finisco per essere una voce in mezzo a mille, troppe, altre; troppo più seriose, troppo più importanti. Ma se è difficile per un napoletano di Napoli spiegare cosa sia stato per lui Pino Daniele, l'impresa si complica ulteriormente per chi, come me, è nato e cresciuto decisamente altrove, ma l'appartenenza silenziosa a quella città "da vedere e poi morire" l'ha sempre avvertita fin troppo chiaramente. 
Perché io sono nato e cresciuto a Roma, ma a Napoli ho trascorso davvero del tempo, specie durante la mia infanzia. 
Perché Napoli sono i miei nonni, Gennaro e Anna, e il ricordo più nitido e dolce che ho di lei: sporta al balcone di casa, intenta a contrattare con il fruttivendolo il prezzo delle fragole, cestino di vimini e rotolo di spago tra le mani, con diecimila lire e un attaches a stimolare la fantasia di un bambinetto che a breve vedrà quel foglio di cartamoneta scendere lentamente dal suddetto balcone per restituirgli un cestino finalmente pieno di piccoli frutti rossi e porosi.
Perché Napoli è stato per me un insieme di mattinate fradicie di sole, di odore di cimiteri da Caserta a seguire, di gare infinite con il mio fratellino a chi contava più persone in motorino senza casco (si andava sull'ordine delle seicento per arrivare a un record di mille in un solo giorno; probabilmente sempre le stesse ma poco importa).
Perché Napoli è un dialogo tra le ultime tre statue dei suoi Re in Piazza Plebiscito, perché è stata, da che ne ho memoria, sempre almeno un film di Totò trasmesso da microscopiche emittenti locali ai tempi del via cavo.

Perché Napoli smette di essere 'o Paise almeno già da Salerno, il che significa che almeno già da Salerno il Napoletano Dichiarato viene trattato come il peggior italiano della macchietta all'estero. Tanto per intenderci, come un italiano in terra di Francia. O, comunque, come percepisce di essere trattato un qualsiasi Italiano Medio Dichiarato in Terra di Francia.

Un bambino che sa di essere, seppure a metà Napoletano, lo dice in giro, in qualche modo ne è fiero, anche se della sua "lingua natia" capisce poco e niente. Questo bambino, se vive a Roma, imparerà presto a fare l'orecchio con taluni motivetti, nemmeno tanto vagamente razzisti, spesso abbastanza volgari, e non capirà a fondo il motivo di tanto astio verso quella che è la sua seconda casa. 

"O colerosi terremotati, voi col sapone non vi siete mai lavati"... " 'O Vesuvio lavali col fuoco"... "Senti che puzza scappano li cani, stanno arrivando li napoletani"... E via a seguire, in un ammasso informe di becerume ottusoide, diffuso e noto lungo tutta la Penisola, paradossale leitmotiv unificante tutte le regioni del regno, nelle loro rappresentazioni di bassa cultura più riuscite.

Pino Daniele era quella voce che cantava in un falsetto incredibile Dubbi non ho. Era l'invenzione del blues sposato alla tradizione della sua terra. Era, soprattutto, la scoperta sorpresa che il napoletano somiglia incredibilmente all'inglese, come fonologia, e che perciò si presta incredibilmente bene a sostituirlo musicalmente, a integrarvisi, ad accoglierlo, dimostrando una maturità sconcertante nella dichiarazione di poetica "I Say 'i sto acca' ".

Non esiste Napoletano che non si sia commosso ascoltando Napule è, la più meravigliosa e completa canzone mai scritta su Napoli. Per i Napoletani all'Estero (ossia, fuori da Napoli) quella voce e quel mandolino hanno sempre avuto la funzione di un balsamo per il cuore.

Non ne esisterà più un altro come lui, umile, capace di riunire personalità diverse, talvolta egocentriche, comunque difficili, all'interno di una unica voce, di un' unica condivisa frase musicale. Pino Daniele è stato il Mozart dei Napoletani, l'espressione serena eppure disincantata, più sincera possibile, di una Napoli luogo reale e perciò luogo dell'anima.

Pino ci ha resi, qualora ce ne fosse bisogno, un po' più orgogliosi di essere Napoletani. Nel bel mezzo di tanta sconcertante banalità melodica, a livello nazionale come regionale, lui ha saputo essere sempre originale e nuovo, schietto come pochi, da buon Napoletano. E non c'è, a questo punto, bisogno di aggiungere altro.

Riposa in pace, purtroppo non troppo vecchio bluesman. 

Ma ricorda di insegnare l'arte del mandolino ai cherubini e regala, da lassù, qualche nota di speranza a Napoli e ai Napoletani nel Mondo. Sei tu ad avercelo detto, d'altronde, tanto tempo fa...

"Ma che ve site mise 'n capa?, 'n paradiso s' adda fatica'..."